Bartolomeo Zaburri
Bartolomeo Zaburri nasce a Riccia il 22 ottobre del 1751 da Giambattista e Rosa Di Criscio. Profondo amante delle discipline letterarie, dovette però indirizzarsi altrove, frequentando e laureandosi presso la Facoltà di Chimica dell’Università di Napoli. Rientrato dalla città partenopea, aprì a Riccia una farmacia ma allo stesso tempo diede largo sfogo alle sue arti creative realizzando clavicembali, chitarre, violini e scolpendo diversi soggetti artistici nel legno. La costruzione di strumenti musicali a corde e la musica stessa erano per lui fonte di grandi allettamenti, tanto che era solito suonare gli strumenti da lui realizzati nella sua casa insieme agli amici più cari, accompagnandoli con canti e balli. La passione e l’immenso affetto che provava per le materie classiche non lo abbandonarono mai, restando sempre vivi dentro di lui. Le sue doti eccelse di grande umorista e di classico erudito si manifestarono infatti nella traduzione in versi esametri della Batracomiomachia di Omero dove usava nel latino maccaronico il dialetto riccese. Pur consapevole del fatto che il poemetto di Omero fosse già stato tradotto da diversi autori prima di lui, il Zaburri volle ugualmente dare alle stampe la sua traduzione attraverso due edizioni dell’opera di cui la prima del 1794 era dedicata al Lettore e la seconda del 1804 era dedicata invece al Dottor Eugenio Alessandrini. La prima edizione, composta da 849 versi, oltre la dedica e l’argomento, è ricca di episodi ai quali l’autore ha dato un’impronta nuova ed originale ed inoltre ha aggiunto di suo situazioni ed apprezzamenti di una comicità irresistibile. Geniale fu inoltre la sua idea di estendere il comico, la burla, la caricatura e la parodia anche al linguaggio, usando il dialetto riccese, volto nel latino burlesco detto maccaronico, e che “disprezza tutte le regole, si piglia tutti gli ardiri, esce anche dalla buona creanza e dice sporchezze”. L’edizione del 1804 consta invece di 583 versi ed è più rilucente , più spigliata e più fedele al testo greco. Il buon umore e il profondo spirito umano che contraddistinsero sempre il carattere e la personalità dello Zaburri si oscurarono soltanto alla notizia della morte del nipote Giambattista Ciocca, ma il sole della sua innata allegria e serenità tornò presto a splendere per accompagnarlo fino alla morte che lo colse a Riccia il 5 luglio del 1826.