Fuoco San Vitale: le origini
Il giorno 20 aprile del 1755, come ci riferiscono le cronache locali, giungevano da Roma in solenne processione i resti di San Vitale martire. In effetti il clero locale si era impegnato per diverso tempo presso la curia vaticana affinché anche nella nostra chiesa fossero finalmente esposte alla venerazione dei fedeli le sante reliquie conservate in una elegante urna.
I Fuochi di San Vitale
L’accensione di fuochi o torce cerimoniali sono da considerarsi come veri e propri riti di passaggio, cerimonie che originariamente avevano il significato di rifondare il ciclo dell’anno e quindi della stessa comunità. Il fuoco, in questi casi, viene inteso come rigeneratore e purificatore, ma soprattutto come motore del rinnovamento. Diventa “sacro”, e da esso dipendono la continuità e la sicurezza non solo della propria famiglia ma dell’intera collettività. Per questo va acceso in modo rituale, conservato e protetto contro le forze negative e contro ogni tipo di danno che potrebbe arrivare da nemici visibili e, a volte, anche sovrumani. Il fuoco deve perciò mantenersi puro, e per questo rinnovato ciclicamente in particolari occasioni affinché riacquisti quella sua forza e chiarezza originaria per rigenerare la sua potenza liberatoria e propiziatoria. Tutte queste caratteristiche si ritrovano anche nel rito dei Fuochi di San Vitale a Riccia, molto sentito negli anni passati, quando nelle diverse zone del centro abitato, così come nelle innumerevoli contrade, nella prima domenica di maggio venivano accesi numerosi ed abbondanti falò. Quali sono però le origini storiche dei fuochi di Riccia ?
Il giorno 20 aprile del 1755, come ci riferiscono le cronache locali, giungevano da Roma in solenne processione i resti di San Vitale martire. In effetti il clero locale si era impegnato per diverso tempo presso la curia vaticana affinché anche nella nostra chiesa fossero finalmente esposte alla venerazione dei fedeli le sante reliquie conservate in una elegante urna. I cittadini riccesi furono finalmente soddisfatti di avere un nuovo santo a cui votarsi, rassicurati da una scritta dentro l'urna che così recitava "Il sacro corpo del Martire di Cristo, S. Vitale, fu estratto dal Cimitero di San Saturnino in via Salaria, col vaso di vetro contenente il suo sangue glorioso". Proprio per ricordare quell'avvenimento ha avuto origine l'uso di accendere dei fuochi. Il rituale si sovrappose con facilità alla festa pagana del "Majo" che nei primi giorni di maggio soleva tenersi tra la popolazione riccese, tradizione, molto probabilmente, di origine slava, introdotta dagli Schiavoni stanziatisi fin dal VII secolo a ridosso delle mura urbane. I riti legati all'accensione di fuochi, anche se per motivi e periodi diversi, sono molto diffusi in Italia e in Europa. In genere si svolgono in prossimità dei solstizi primaverili ed invernali, nati per invocare protezione, difesa ma soprattutto a propiziare il futuro. In altri termini una funzione purificatrice delle fiamme, che allontanano tutto ciò che non è considerato sacro. Intorno al falò, inoltre, si invoca la buona annata, ci si sfida a saltare i carboni ardenti, si sta tutti insieme ridendo, scherzando e, soprattutto, cantando. Così è stato anche per i fuochi di San Vitale a Riccia.